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storie di vite acquatiche

il blog di Hexacorallia

RICOMINCIO DA 600

8/11/2022

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L'avventura di Lorenzo con il marino aveva subito uno stop un po di tempo addietro ma come dice il famoso proverbio cinese.. casa nuova vasca nuova. Si ricomincia con una vasca per nulla impegnativa, parliamo di un 150cm profondo 60 alto 65cm e quindi di quasi seicento litri di pura passione. E non stiamo considerando il volume della sump. La vasca, di seconda mano, poggia su un mobile bianco artigianale con un vano più grande come alloggio della sump e uno sportello laterale più piccolo. Proprio qui abbiamo deciso di spostarci tutta la parte elettrica. Il nostro compito è rendere questo gigante più efficiente e più moderno. 

Primo intervento: Sostituzione degli scarichi ( 2) del 32!! bianchi con scarichi Oceanlife neri del 40, perché anche l'estetica conta. Contestualmente abbiamo applicato una pellicola nera sul vetro di posteriore. I vantaggi di questa pellicola? Primo su tutto adiamo ad oscurare le tubazioni ed eventuali cavi elettrici delle lampade e delle altre attrezzature tecniche, ed in secondo luogo focalizziamo l'attenzione di chi guarda l'acquario sulla rocciata e i coralli.  Sostituiamo anche il carico del 25 sostituendo tutta la tubazione morbida con tubazioni in PVC rigide. 
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Dopo una pulizia profonda e in attesa della sump che abbiamo ordinato (ma di questa ne parleremo tra poco) iniziamo a studiarci una rocciata che ci permetta di collocare un gran numero di coralli e di lasciare un bel po di spazio per il nuoto dei pesci. La scelta (scontata) delle rocce è ricaduta sulle ecoreef rock della tropical maine centre delle quali abbiamo parlato su questo blog qualche articolo fa. (se vuoi dargli un occhiata clicca qui)
Visto che Lorenzo è provvisto di due GNG blueray abbiamo deciso che costruire due atolli separati sia la scelta più consona alle nostre esigenze: Spazio per il nuoto e tanta circolazione di acqua.  Iniziamo la costruzione della nostra barriera e nel frattempo arriva anche la nostra nuova sump: La AF980 di Aquaforest che devo dire entra a pennello. Ora dobbiamo finire di collegare le tubazioni alla sump e proseguire con la nostra rocciata. 
Questa sump ha due passaggi forzati con dei socks che porteranno poi acqua filtrata nel vano dello skimmer. Inoltre avremo una riserva quasi illimitata di RO di rabbocco, ben 60lt.
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Bene, ora che abbiamo collegato la vasca principale alla sump è ora di cementare e definire finalmente la barriera. La cementificazione della barriera è fondamentale per evitare quello che succedeva SEMPRE prima che questa tecnica venisse attuata ovvero il collasso della rocciata stessa mentre si spostavano i coralli. Non esiste acquariofilo che non abbia vissuto questa fantastica esperienza (chiaramente è ironico). 
ecco qui il risultato:
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parte destra della vasca.
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Ed ecco qui la vasca delle terrazze. Per ora dovremmo solo immaginarla piena di coralli. Nel frattempo è ora di riempire. e per riempire un grande acquario ci vuole un impianto adeguato.
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E chiaramente Lorenzo ha deciso di optare per un impianto pacato. 800 litri di acqua al giorno e passa la paura. Per garantire una qualità dell'osmosi (che con questo impianto con membrana da 400gpd è già ottima) abbiamo aggiunto un osmosys twist a valle dell'impianto con resine TDS zero e anti silicati.
A breve metteremo in funzione.....

​CONTINUA..... 
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Da dove vengono i nostri pesci?

11/2/2022

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La nostra esigenza nell'offrire animale di qualità  agli appassionati aquariofili ci ha portato in Portogallo e più precisamente a Lisbona. Qui infatti si trova una delle sedi di Tropical Marine Centre o più comunemente detto TMC. Abbiamo voluto andare a trovare i nostri amici e constatare di persona l'impegno e la serietà che TMC mette al servizio di noi appassionati per permetterci di godere di animali di qualità e sani.  
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L'edificio si trovo poco fuori Lisbona e più precisamente nei pressi di Leira. Arriviamo alle 9.00 a Lisbona e alle 10 siamo già in sede a goderci lo spettacolo. La serra è suddivisa in due reparti. Il primo è adibito all'acclimatazione il secondo alla stabulazione e preparazione alla partenza. Nel primo reparto i pesci vengono sballati e acclimatati è vi resteranno fino a che la quarantena non termina o fino a quando gli animali che presentano qualche preoccupazione non siano completamente recuperati. Quest'ambiente è caratterizzato da un'illuminazione rossa la quale serve a non stressare gli animali in arrivo.  La costante in tutte le vasche in serra è la fortissima circolazione dell'acqua e la temperatura sempre costante.  La temperatura costante è garantita da dei riscaldatori molto potenti che lavorano costantemente e in affiancamento a dei climatizzatori che al contempo stesso la raffreddano. 
Questo fa si che le escursioni di temperatura siano ridotte al minimo. La circolazione dell'acqua invece viene affidata ad una batteria di pompe molto potenti che hanno la funzione di ossigenare quanto più possibile l'acqua.  
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Altre due importanti caratteristiche sono la sterilizzazione tramite Una batteria in linea di lampade UV e una filtrazione meccanica affidata a quattro grossi schiumatoi.  E' il momento di passare nella sezione dedicata alla stabulazione e alla scelta degli animali. Una costante di tutti gli ambienti è la pulizia e l'ordine. Entriamo dunque in quella che forse è la sezione più affascinante. Rimaniamo subito affascinati dal numero di esemplari disponibili e dalla loro salute. 
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Oggi abbiamo la fortuna di scegliere fisicamente gli animali che verranno ospitati nelle nostre vasche e abbiamo l'imbarazzo della scelta. La sala di stabulazione è divisa a sua volta in due sezioni: una dedicata ai pesci e l'altra ai coralli. 
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Il tempo a nostra disposizione è terminato e non ci resta che lasciare la sede. Ci aspetta un bel tour di Lisbona il che non è male. Lasciamo la serra con la consapevolezza che la qualità alla fine paga sempre. Speriamo che questo piccolo articolo vi sia piaciuto e che aiuti tutti a capire quanto lavoro c'è dietro alla salute di un animale. Il rispetto per a natura passa anche da qui. Un saluto da Lisbona dal Team di Hexacorallia e dal direttore di TMC Sebastian
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Rocce vive o Rocce sintetiche?

11/10/2021

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La base biologica di ogni acquario di barriera sono senza dubbio le rocce. Fino a qualche anno fa l'unica alternativa per avere una vasca perfettamente funzionante era rappresentata dalle rocce vive. Queste chiaramente avevano, e continuano ad avere, diverse fasce qualitative identificate da diverse caratteristiche fisiche. Negli ultimi anni il mercato è stato innovato da quelle che sono state definite come rocce sintetiche. Queste sono nate, molto probabilmente, per sopperire a un esborso economico legato all'acquisto delle rocce vive per l'avviamento di una nuova vasca che sembrava essere un ostacolo insormontabile per molti neofiti e aquariofili gia navigati e per la necessità di salvaguardare gli ecosistemi marini optando per una scelta ecosostenibile. Le rocce sintetiche hanno vissuto, come molte novità, un periodo di scetticismo che ne hanno rallentato l'utilizzo e la distribuzione. E qui, devo essere onesto, anche io rientro nella cerchia degli scettici... e in alcuni casi continuo ad esserlo!!

Quali sono le caratteristiche delle rocce vive?
Non tutte le rocce sono uguali! Quando si scelgono e si acquistano le rocce vive si devono valutare caratteristiche fisiche che ne identificano la qualità. Una caratteristica fondamentale è il peso. A parità di volume, una roccia che pesa piu di un'altra ci dovrebbe far capire subito la sua capacità "drenante" e la sua porosità. Piu una roccia è leggera e piu sarà porosa ed essendo tale avrà la capacità di "ospitare" una quantità di batteri superiore ad una roccia massiccia. Considerando che i batteri sono il motore per garantire la vita nel nostro acquario ritengo la porosità una caratteristica fondamentale.  
Un altro aspetto da valutare è conformazione strutturale perché l'obbiettivo di ogni aquariofilo è quello di ricreare, per quanto possibile, una rocciata naturale. Questo sarà possibile se andremo ad utilizzare delle rocce con molte cavità o aperture per garantire prima di tutto una migliore circolazione di acqua e poi per permettere ai pesci di "vivere" nella totalità il piccolo scorcio di barriera che abbiamo creato. Un'altro particolare da non sottovalutare è la necessità di posizionare i coralli e questo sarà possibile solo se avremo una superficie della rocciata eterogenea. 

Altra considerazione da fare sulle rocce vive è la biodiversità che viene ospitata. Oltre alla flora batterica, queste rocce porteranno nella nostra vasca una varieta di crostacei, alghe e animali bentonici che aiuteranno sia nella maturazione della vasca che nel suo mantenimento nel corso del tempo. Attenzione perche, come sempre accade, non è tutto  oro quello che luccica. Se è vero che da un lato avremo una biodiversità di animali in acquario eccellente, dall'altro avremo anche un'alta probabilità di trovare tutti quegli organismi che in acquario possono risultare infestanti, parassiti o predatori. Stiamo parlando di organismi come aiptasie, nudibranchi, planarie, eunici e alghe infestanti.

I tempi di maturazione di una vasca avviata con le rocce vive può variare da qualche settimana a qualche mese. Questa differenza temporale dipende fondamentalmente da due fattori. Il primo, come già abbiamo accennato poco fa, è la porosità che ne determina la quantità di batteri in acquario. Più è alta la superficie di colonizzazione batterica  e più rapidi e efficaci saranno i processi metabolici e i cicli biologici che renderanno possibile la vita e la stabilità del nostro acquario. L'altro fattore, molto importante, è la quantità di materia organica che morirà durante il trasporto e che una volta immessa in vasca alzerà in quantità elevate nitriti e  nutrienti che determineranno una crescita imponente di alghe filamentose. Niente di grave chiaramente. Stiamo solo parlando di tempi  di maturazione allungati. 

Quali sono le caratteristiche delle rocce sintetiche?
Le rocce sintetiche rappresentano l'evoluzione dell'acquario di barriera. Anche queste dal punto di vista qualitativo possono essere suddivise in più gruppi. Andiamo ad analizzare quali sono le caratteristiche che ne determinano la qualità. La costituzione fisica determinata dalla metodologia di costruzione è il fattore più importante nella valutazione di una roccia sintetica e ne possiamo identificare essenzialmente 3 tipologie: I conglomerati che sono costituiti da pietrisco e malta cementizia come legante, rocce morte o rocce calcaree che sono o rocce che erano vive e poi trattate o rocce prevalentemente calcaree modellate al fine di essere simili a quelle costituenti i fondali marini e infine le rocce a base sabbiosa che sono le più costose ma anche quelle più qualitative in quanto molto leggere e porose e sono modellate in modo naturale e a volte facilmente confondibili con le rocce vive.

I vantaggi determinati dall'utilizzo di queste rocce sono molteplici. Prima di tutti abbiamo la possibilità di cementare in tutta tranquillità le varie rocce a disposizione studiando un hardscape che ci soddisfa sia in termini di layout che di utilità per supportare i coralli nonché per consentire una buona circolazione d'acqua assicurando cosi un'ossigenazione di gran parte della vasca. Un altro aspetto da non sottovalutare è la certezza di non avere, almeno in fase di avviamento, ospiti indesiderati che potrebbero procurarci non pochi problemi nella gestione futura della nostra vasca. I tempi di maturazione di una vasca realizzata con un Hardscape costituito da rocce sintetiche è variabile. Ovviamente dovremmo inoculare batteri nitrificanti e un supporto per lo sviluppo della flora batterica durante la fase di avviamento e aiutare la maturazione inoculando benthos vivo come  zooplancton vivo (rotiferi, copepodi, mysys). 
Avere un Benthos molto popolato migliora l’efficienza della purificazione dell’acqua  assicurata dalla  grande attività degli "spazzini" e dei  detritivori. Il popolamento della vasca con i pesci e con i coralli dovrebbe avvenire sempre successivamente ad una sufficiente colonizzazione batterica e bentonica in quanto  in assenza di queste alcuni processi metabolici non sarebbero assicurati e di conseguenza si andrebbe incontro a problemi legati alla qualità dell'acqua e successivamente alla sopravvivenza stessa dei pesci e coralli. 

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Conglomerato (roccia Aquaforest)
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Roccia calcarea (marco rocks)
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Roccia ceramica (Ecoreef rock TMC)
Ultimamente si utilizzano molto frequentemente le Marco rocks in quanto si prestano molto alla nuova tendenza dell'aquascaping applicato all'acquario marino. Personalmente non sono un fan delle rocciate che vengono create con queste rocce in quanto mi trasmettono la sensazione di artificialità estrema. E' da considerare, però, che una volta popolate e ricoperte da coralli l'effetto finale non è niente male. Non ho feedback sufficienti per poter discutere la qualità dal punto di vista biologico e quindi le mie considerazioni si fermano all'estetica. 
Quella che veramente trovo di scarsa qualità è composizione fisica delle "rocce conglomerato" come ad esempio le Aquaforest e le Caribsea. Sono pesanti e antiestetiche  incapaci, inoltre, di fornire un substrato qualitativo per una colonia batterica. 
Le ultime sono quelle che, sempre secondo la mia esperienza diretta, assicurano un alto carico batterico e un layout molto naturale. Le rocce in questione essendo molto irregolari possono essere incastrate molto facilmente facilitando il processo di incollaggio.  
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Qui di lato una realizzazione di un Reefhabitat 90 di TMC utilizzando le rocce Ecoreef rocks. In questo caso ho voluto dare centralità alla barriera e garantire ai pesci ed al sistema stesso una grande circolazione di acqua. Nella foto in questione sono state utilizzate cinque rocce incollate con lo Stonefix di aquaforest. 
Il sistema completo si basa esclusivamente su queste rocce (e sulla sabbia) per la parte biologica, e nonostante l'esigua superficie, l'attività biologica è più che sufficiente a garantire il funzionamento del sistema stesso. Questo è da attribuire all'elevata porosità di queste rocce.
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ALLESTIMENTO DI UN ACQUARIO DI ACQUA DOLCE PARTE I

20/9/2021

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Oggi vogliamo affrontare l'argomento dell'allestimento di quella che sarà la nostra piccola vasca espositiva in negozio. Come sempre il primo passo è quello di studiare un layout , ovvero la disposizione effettiva degli elementi di arredo (hardscape) il materiale decorativo (sabbia o ghiaia) e la distribuzione delle piante.  Procediamo passo passo alla realizzazione di un acquario molto semplice in termini di allestimento e manutenzione.  

Sicuramente la fase più "problematica" è quella di cominciare a posizionare le rocce. Un consiglio sicuramente utile è quello di posizionare l'arredo in modo da dare all'acquario movimento e profondità, quindi dedicate il tempo necessario a trovare la posizione corretta e che più vi aggrada. E' possibile anche incollare gli elementi decorativi tra loro per dare più stabilità  e garantirvi il layout che avevate progettato senza sottostare alle forme degli arredi stessi. 

La nostra scelta è stata per una vasca piccola e aperta con l'impianto di illuminazione  a ponte. Abbiamo utilizzato una vasca AQpet da 45x30x30cm in extrachiaro con la sua plafoniera led specifica (sunlight45). La scelta di questa lampada risiede nell'esigenza di avere a disposizione molta luce che ci permetterà di allevare piante molto esigenti in fatto di luce.
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Come identifichiamo un luogo adatto per posizionare il nostro acquario?  Sicuramente dobbiamo evitare di posizionarlo nelle vicinanze di un radiatore e in prossimità di finestre che possano far penetrare luce diretta sulla vasca. Ricordiamoci che, soprattutto in estate, le temperature elevate potranno portare non pochi problemi di salute delle piante e soprattutto dei pesci. 
Altra precauzione è quella di posizionarlo su un mobile stabile e possibilmente "a bolla" ovvero in piano. Cosa molto utile ma non indispensabile..... una presa di corrente nei pressi dell'acquario.
E' arrivato dunque il momento di iniziare questa nuova avventura. Iniziamo con il posizionamento dell'hardscaping. Scegliamo le rocce e i legni che ci piacciono e proviamo a inserirli.

PASSO 1. 
Posa delle rocce  e dei tronchi. in questo caso abbiamo fissato le rocce con bicomponente e i legni con il cianoacrilato in modo da evitare smottamenti e galleggiamenti dei legni. abbiamo anche individuato come verrà disposto il nostro fondo.
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PASSO 2.
Fondo fertilizzato. il fondo fertilizzato dovra coprire tutta la vasca. possiamo lasciare scoperto la parte frontale del vetro anteriore in modo da vedere solo la sabbia decorativa.  Per la nostra vasca abbiamo usato AF NATURAL SUBSTRATE.
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PASSO 3
Sabbia decorativa.
La sabbia o la ghiaia decorativa va scelta a seconda del proprio gusto e soprattutto alla necessità di piantumare. La ghiaia a granulomentria oltre i 3mm rende difficile, se non impossibile, la piantumazione di tutte quelle piante da primissimo piano o se le vogliamo ribattezzare da "pratino". Se il nostro obbiettivo è quello di avere una vasca ben piantumata è consigliabile utilizzare sabbia e non ghiaia. Noi abbiamo scelto la nuova sabbia AQpet Wild sand. Gia lavate e sterilizzate ci permettono di risparmiare tantissimo tempo e ci regalano un'acqua cristallina già da subito. come la distribuiamo? L'uniformità non è ben accetta qui. Il fondo deve dare movimento e profondità. Solitamente si consiglia di seguire una diagonale verso il vetro posteriore verso l'alto, ma siete liberi di improvvisare. Ricordate di rendere tutto il piu naturale possibile. Nelle foto sotto la nostra scelta per la distribuzione della sabbia.
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A SEGUIRE LA SECONDA PARTE........
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Stenopus hispidus, il gambero pugile

28/7/2021

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Distribuzione

Lo Stenopus hispidus è un gambero cosmopolita. Si trova facilmente nei mari tropicali, in tutta la regione indo-pacifica, dal Maer Rosso,  all'Africa meridionale  e alle Hawaii. Comune anche nell'Atlantico occidentale, dalle Bermuda e al largo della costa della Carolina del Nord fino al Golfo del Messico e dalla Florida meridionale fino alla costa settentrionale del Sud America.
FotoCoppia di Stenopus hispidus (Olivier, 1811) - Foto C. Papadopoulou Fivoli


CLASSIFICAZIONE


​Phylum : Arthrtopoda
Classe : Malacostraca
Ordine : Decapoda
Genere : Stenopus
Specie : S. hispidus ( Olivier, 1811)

Habitat

Si può trovare in diversi tipi di ambienti, nelle barriere coralline , all'interno di grotte o sotto a sporgenze rocciose. Molto comune tra i 2 e  i 4 metri di profondità ma può capitare si spinga anche oltre i 30 metri.
Vivono spesso in coppia e possono mostrarsi territoriali.
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Foto di C. Papaopoulou Fivoli

Descrizione

Lo Stenopus hispidus è bianco con distinte bande rosse sul corpo e tre paia di chele, ha antenne bianche, lunghe e fluenti. Il terzo paio di chele è notevolmente sovradimensionato rispetto alle altre (che gli conferiscono la posizione di "pugile" da cui il nome). È dotato di tenaglie piuttosto possenti. La lunghezza massima per la specie è di circa 7 centimetri (senza contare le antenne).

Riproduzione

Le femmine sono più grandi dei maschi e hanno un addome  più largo per poter ospitare le uova. Una volta formatasi la coppia, si potrà osservare l'interessante danza nuziale dove maschi e femmine effettuano un "ballo" sincronizzato posizionandosi uno di fronte all'altra. 
Possono riprodursi anche in acquario, ma le larve prodotte in vasche di comunità non si accrescono.
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Stenopus hispidus impegnato in operazioni di pulizia a favore di una murena


​Mantenimento in acquario 

Sono animali facili e robusti da allevare.
Si possono tenere singolarmente o in coppia a patto di introdurre in vasca un maschio e una femmina in quanto possono sviluppare una spiccata aggressività intraspecifica tra esemplari dello stesso sesso.
Dopo un primo periodo di acclimatazione non è per niente timoroso e prende pieno possesso della vasca, scegliendo una zona come sua tana .
Se regolarmente nutrito non è aggressivo  nei confronti degli altri compagni presenti nell'acquario.

Ruolo nell'ecosistema

Lo Stenopus hispidus è un "gambero pulitore". Gli individui rimuovono e consumano parassiti, tessuti danneggiati e scarti alimentari da alcune specie della barriera corallina. (Limbaugh et al., 1961). Questi gamberi si portano vicino alle grotte o sporgenze dove vivono  e  agitano le antenne  per attirare pesci (Humann, 1992). Questi luoghi diventano delle vere e proprie "stazioni di pulizia". Gli individui hanno la libertà di entrare nelle cavità branchiali  degli organismi ospiti, senza essere mangiati. Le specie più comuni con le quali hanno un rapporto mutualistico sono : murenidi, ancanturidi e epinephelidi.
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Alimentazione

Praticamente onnivoro, in acquario si nutre di tutto ciò che trova sul fondo o tra i coralli. Accetta sia mangime secco, in scaglie o granuli, che pezzi di polpa di cozza e artemie liofilizzate.



​di Cristina Papadopoulou Fivoli

STENOPUS HISPIDUS

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SI RIPARTE IL VERSIONE WILD

12/7/2021

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E' iniziato il periodo dell'anno durante il quale approfittiamo per rinfrescare le nostre vasche e la nostra tecnica per ripartire con la massima qualità.  Il primo passo è stato far ripartire tutti i nostri taleari e abbiamo puntato sul nuovo sale AQ PET WILD SALT. 
Ripulite le vasche e tirata a lucido la tecnica è il momento di riempire. La base dei nostri taleari sarà un bel carico di roccia viva e un sale bilanciato. WILD SALT è un sale marino naturale ottenuto dalle integrazioni dei sali del Mar Rosso con MgCl₂ (cloruro di magnesio) originario del Mar Morto. La produzione di questo sale è sita nel Mar Rosso ed è stata monitorata e sviluppata da esperti biologi che l'hanno testata per diversi anni.
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L'obiettivo era quello di produrre un'acqua marina praticamente identica a quella che si trova in natura (NSW). Inoltre un processo di essiccazione alle giuste temperature  ha consentito di creare un sale che non rilascia residui sul fondo grazie a un importante processo di purificazione, privo di nitrati, fosfati, silicati ed altri sostanze indesiderate e stimola la crescita dei coralli e ne intensifica la colorazione. Particolare attenzione si è prestata al contenuto di potassio che si ritiene sia il fattore responsabile per intensificare i colori porpora e quelli nella gamma del blu. L'integrazione di sali minerali naturali ha permesso di raggiungere un equilibrio ionico di Ca, Mg, K e NaHCO₃ (bicarbonato di sodio) escludendo precipitazioni e sedimentazioni.
La nostra avventura con questo sale è appena iniziata ma siamo gia molto soddisfatti. Continueremo ad aggiornarvi sullo sviluppo delle nostre vasche e sulle reazioni degli animali. 
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Le Barriere coralline e sistematica dei coralli

4/2/2021

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Articolo di Tommaso Mascioli. (Coral Bleaching - T.Mascioli 2014)
Le barriere coralline costituiscono uno degli ecosistemi più produttivi e la diversità delle forme di vita che ospitano è paragonabile solo a quelle delle foreste tropicali. In media per ogni metro quadrato di superficie si formano, nell’arco di un anno, da 1.500 a 5.000 grammi di carbonio, circa da due a dieci volte la produzione primaria dell’ecosistema della foresta e dieci volte la quantità che si origina nel più produttivo dei sistemi planctonici marini (SOMMERS, 1998). Di conseguenza le possibilità di alimentazione per i pesci nella barriera sono sensibilmente migliori rispetto ad altri ambienti marini. Questa circostanza porta ad evidenziare che circa il 9% di tutta la biomassa ittica mondiale si trova nei reef, nonostante la loro parte di superficie si collochi molto al di sotto del due percento (SOROKIN, 1995).
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Ma la cosa più sorprendente è che questa comunità corallina enormemente produttiva si trovi in un’area di mare particolarmente povera di sostanze nutrienti, in maniera del tutto simile ad una foresta pluviale tropicale, che si sviluppa su un terreno infruttuoso e si alimenta da sola. Quasi tutto ciò che nel reef è disponibile sotto forma di sostanze nutrienti si trova nella materia corporea viva dei suoi abitanti e solamente una piccola parte della sostanza organica è in grado di accumularsi nelle strutture inanimate. Lo sviluppo di un reef si svolge secondo uno schema soggetto ad una certa ripetitività. Ha inizio con la colonizzazione di coralli lungo la costa, principalmente vicino ad una piccola isola. In questo caso lo si definisce reef di contorno. Questa orlatura di coralli nel corso del tempo viene rafforzata dall’aggiunta di ulteriore calcare corallino divenendo più fitta e dando luogo ad una lastra corallina. Attraverso varie influenze, quali l’apporto di sedimenti dalla terra ferma, lo sviluppo di organismi sulla lastra corallina viene così rallentato, mentre per via di influssi, quali il maggior apporto di plancton dall’oceano aperto, la parte più esterna della barriera viene agevolata. Il risultato è una migliore crescita dei coralli presso il bordo esterno ed un regresso nell’area della lastra corallina, portando alla formazione di una laguna che, per via dell’erosione, con il passare del tempo diventa ancora più profonda. Il bordo della barriera si trova ora ad una certa distanza dalla terra e si è sviluppato accrescendosi fin quasi alla superficie dell’acqua, cingendo l’isola come un muro.
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Foto T.Mascioli - Los Cabos - Mexico
Dal reef di contorno si è evoluta una falsa barriera corallina.  Si definisce “falsa” perché è in collegamento con la costa. Una barriera corallina autentica, come la nota Great Barrier Reef australiana, non si sviluppa lungo la costa ma presso una struttura ad una certa distanza da essa. Per gli animali, lo spazio da conquistare è merce pregiatissima, e per esso la lotta è spietata.  Ogni nicchia ecologica che si libera per la scomparsa di un organismo è rapidamente rioccupata da altri. Tuttavia, non è solamente la concorrenza tra le specie a determinare la vita nel reef, ma anche la ricerca di relazioni. Gli adattamenti comportamentali hanno condotto a comunità viventi nelle quali le forze di altri possono compensare le proprie debolezze. Molti pesci territoriali, come ad esempio i cromini ed i pomacentrini, vivono presso o tra le colonie di coralli dove si rifugiano in caso di pericolo difendendole veemente dagli aggressori.  Altri pesci, come ad esempio Chromis ssp. si ritirano in grandi gruppi all’interno di colonie di Acropora, proteggendosi dagli assalitori e fornendo al contempo ai coralli, per mezzo degli scarti del loro metabolismo, delle sostanze nutrienti (THALER, 2000). Gli esseri viventi del reef sono soggetti a relazioni così intense da influenzare reciprocamente addirittura il loro sviluppo.
SISTEMATICA DEI CORALLI
PHYLUM CNIDARIA
 
Il phylum Cnidaria (greco knide, ortica + latino aria, suffisso plurale, simile a, connesso con) è un interessante gruppo composto da più di 9000 specie. Il phylum prende il nome dalle cellule chiamate Cnidociti, che contengono gli organelli urticanti, le nematocisti, caratteristiche del phylum. Le nematocisti vengono prodotte ed utilizzate esclusivamente dagli Cnidari. Gli Cnidari sono tradizionalmente collocati in prossimità della base della linea filetica che ha dato origine ai Metazoi. Sono un gruppo molto antico, con le testimonianze fossili più antiche fra tutti i Metazoi, databili a oltre 700 milioni di anni. Sebbene siano per lo più sessili o, se mobili, si muovano molto lentamente, sono predatori assai efficienti di organismi molto più complessi e veloci. Si possono riconoscere quattro classi di cnidari: Hydrozoa, Scyphozoa, Cubozoa ed Anthozoa (la classe più ampia, che include anemoni, esacoralli o coralli costruttori di barriera, octocoralli o coralli molli e altri ancora).
 
 
CLASSE ANTHOZOA
 
Gli antozoi, o “animali fiori”, sono polipi che assomigliano a fiori. Manca totalmente lo stadio di medusa. Gli Anthozoa sono tutti marini e possono trovarsi in acque sia profonde sia superficiali, dai mari polari a quelli tropicali. Variano molto in dimensioni e possono essere sia solitari che coloniali. Molti sono dotati di uno scheletro. La classe si suddivide in tre sottoclassi: Zoantharia (Hexacorallia) include anemoni e madrepore, Ceriantipatharia, che comprende anemoni tubiformi e coralli spinosi e Octocorallia (Alcyonaria) che contiene i coralli molli detti per l’appunto alcionidi privi di scheletro di calcio. Gli zoantari e i ceriantipatari hanno un’organizzazione esamera (sei o multipli di sei) o simmetria polimera e presentano tentacoli tubulari semplici organizzati in uno o più cerchi intorno al disco orale. Gli octocoralli presentano organizzazione in ottameri ed hanno sempre otto tentacoli pinnati disposti intorno al margine del disco orale. Gli esacoralli (Zoantharia) sono gli organismi che più contribuiscono alla formazione di un reef. Gli Antozoi sono costituiti da parti anatomiche ben definite. Tutti mostrano un corpo tubolare chiuso alla sua estremità inferiore. L’apertura del “tubo” rappresenta la cavità boccale e anale contemporaneamente ed è circondata da una corolla tentacolare. La parte interna di questo “tubo” rappresenta la cavità gastrovascolare, divisa in camere singole dai setti del corallite. Il tessuto ripiegato sul setto viene definito mesenterio e lungo il bordo centrale si trovano, oltre alle gonadi  e alle ghiandole sessuali, delle appendici nastriformi con secrezioni digerenti che prendono il nome di filamenti mesenteriali. Lo scheletro calcareo prodotto da un polipo di questo tipo, ha la forma a coppa e prende il nome di corallite il quale, come accennato in precedenza, è diviso da setti. A questo livello il polipo inizia a sviluppare delle particolarità tipiche del genere o addirittura della specie. I singoli coralliti sono legati tra loro da un tessuto calcareo poroso detto cenosteo, composto da lamelle singole e sottili, e che nella sua struttura è ugualmente tipico per ogni genere e specie. La caratteristica più evidente di un corallo duro è naturalmente la forma di crescita dell’intera colonia. I coralli duri formano una comunità di polipi che può sviluppare morfologie di crescita completamente diverse. La sintesi del calcio dei coralli di barriera tropicali è legata a determinate temperature dell’acqua, dato che funziona solamente nell’ambito di uno stretto lasso termico. Proprio per questa ragione i reef con i coralli dalla vita simbionte esistono unicamente all’interno di definiti gradi di latitudine ( 25°N-25°S).
Il concetto di coralli “costruttori di barriera” non deve essere associato alla categoria dei “coralli dalla vita simbionte” (zooxantellati), come avviene invece erroneamente. Un corallo duro può anche esistere in maniera simbionte senza essere costruttore di barriera, perché vive solitario lontano dal reef. Tuttavia, una barriera corallina tropicale produce l’anno circa 10 kg di carbonato di calcio per metro quadro (BINGMAN, 1998), e la parte più rilevante di questa prestazione è riconducibile ai coralli duri. La ragione di questa imponente resa nella sintesi del calcio dei coralli duri è insita nella convivenza con le alghe simbionti. Da una parte le alghe indirizzano più di nove decimi del prodotto della fotosintesi al corallo, cosa che garantisce all’animale ospite un grande vantaggio metabolico, dall’altra le alghe simbionti accelerano enormemente la sintesi di calcio (SOMMER, 1998).   
Quando le alghe estraggono dall’acqua la CO2 per la loro fotosintesi, si arriva alla dissociazione dell’idrogeno carbonato di calcio Ca(HCO3)2 in carbonato di calcio CaCO3 e acido carbonico H2CO3. L’acido carbonico si dissocia nuovamente in acqua e anidride carbonica (SPRUNG & DELBEEK, 1994).
Di fondamentale importanza per la sintesi del calcio è la capacità delle alghe simbionti di rimuovere i fosfati dal tessuto del corallo. La presenza di fosfati inibirebbe la formazione e deposizione di calcio.
Tutto questo fa capire come piccole variazioni ambientali di temperatura, salinità, valori dei nutrienti e presenza di oligoelementi mettano a rischio la sopravvivenza di questi animali. Nel corso degli ultimi vent’anni si è potuto studiare l’effetto di queste variazioni ambientali analizzando le diverse risposte fisiologiche delle differenti famiglie di esacoralli. Queste hanno mostrato limiti di suscettibilità a eventi di forte stress molto diversi. La famiglia che più risente dei cambiamenti climatici degli ultimi due decenni è quella delle Acropore. Numerosi studi hanno confermato che popolazioni di Acropora decimate da eventi di sbiancamento vengano sostituite da generi non così sensibili alle variazioni delle condizioni ambientali come il genere Porites. La sistematica dei coralli zooxantellati comprende numerose famiglie con altrettanti generi e specie. Di seguito sono riportate le caratteristiche sistematiche delle famiglie rispettivamente più sensibili (Acroporitidae) e meno sensibili (Poritidae) allo sbiancamento.
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FAMIGLIA ACROPORIDAE (VERRILL 1902)
 
La famiglia Acroporidae contiene quattro generi nei quali, in sostanza, si trovano tutte le forme di crescita dei coralli duri: Acropora, Anacropora e Montipora. Negli ultimi vent’anni, e con maggior frequenza dopo il 1998, anno in cui si presentò il fenomeno climatico el Niño, si sta assistendo ad un fenomeno definito come “Coral Blanching” (sbiancamento) che sta seriamente danneggiando gli ecosistemi di barriera corallina in varie zone del mondo. Nonostante tutti i generi di coralli simbionti siano soggetti a questo fenomeno, i coralli del genere Acropora hanno mostrato una suscettibilità maggiore allo sbiancamento e alla mortalità.
 
Genere Acropora
 
Acropora è il genere maggiormente ricco di specie tra tutti i coralli duri e contiene allo stesso tempo anche alcune delle sclerattine a più rapida crescita. Nel reef formano spesso, attraverso il loro veloce sviluppo, delle distese di straordinaria vastità. Circa la cifra esatta delle specie convalidate regna il disaccordo. VERON (2000) evidenzia 170 specie, 16 delle quali come prima descrizione. La caratteristica principale del genere Acropora è il polipo assiale collocato sulla punta di ogni ramo, il quale, per mezzo di scissione, crea polipi figli, definiti polipi radiali. Questi permangono nella loro posizione mentre il polipo assiale continua a crescere verso l’alto. In generale, le ramificazioni laterali nelle specie di Acropora si formano attraverso la trasformazione di un polipo radiale in assiale che continua a crescere lungo la direzione del suo asse. La maggior parte delle specie di Acropora cresce in modo arborescente, alcune anche tabularmente/laminarmente. In generale si trovano in questo genere le seguenti forme di crescita: tabulare (a forma di tavola), massiccia, arborescente (a rami), cespitoso (a cespuglio), corimboso (a forma di clava), digitato, “bottlebrush” (a forma di spazzola per bottiglia) e lastriforme, come pure diverse forme miste. In questo genere, oltre alle forme di crescita, la morfologia e la disposizione dei coralliti costituiscono un’essenziale caratteristica di differenziazione, ad esempio l’angolatura dei coralliti radiali verso il ramo, il diametro di ogni singolo corallite, il rapporto di grandezza tra i coralli stessi, disposizione (in file o irregolarmente), consistenza della parete e forma. La determinazione della specie Acropora per via del numero rilevante costituisce un campo straordinariamente difficile.
La differenza sostanziale che intercorre tra il genere Acropora e quello Anacropora consiste nella mancanza di polipi assiali nella punte dei rami.
Utili indicazioni sono reperibili da WALLACE (1999) e VERON (2000).
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Genere Montipora
 
Il genere Montipora con la sua ricchezza di specie non è molto distante da quello di Acropora. VERON (2000) elenca 73 specie, delle quali 15 come prima descrizione. La forma di crescita di questa specie è piuttosto varia: crostiforme, laminare, massiccia e arborescente. Questi coralli sono a rapida crescita, soprattutto le specie a crescita laminare e arborescente. Questa sua caratteristica la rende una specie ottimale per i progetti di recupero (Biorock system) di reef fortemente colpiti da eventi di sbiancamento a causa del surriscaldamento delle acque superficiali.
FAMIGLIA PORITIDAE (GRAY 1842)
 
La famiglia Poritidae contiene cinque generi, che possiedono coralliti molto compatti.
 
Genere Porites
 
Il genere Porites comprende al momento 53 specie accertate, che crescono in maniera laminare, crostiforme, massiccia o arborescente. VERON (2000) suddivise questo genere ricco di specie, in base alla forma di sviluppo ed alle caratteristiche scheletriche, in sei gruppi di specie.
I piccoli coralliti del genere Porites sono collocati in modo molto ravvicinato. Le specie a sviluppo massiccio formano prevalentemente colonie a mezza sfera e prediligono un’esistenza in acque basse e intensamente irraggiate dalla luce solare. Si proteggono dai depositi sedimentosi causati dalle maree, presenti in questi ambienti, in modo del tutto simile ai coralli molli, ovvero secernendo una secrezione vischiosa con la quale vengono allontanati anche i sedimenti depositati. 
L'ALIMENTAZIONE DEI CORALLI
I reef corallini si formano nelle zone di mare estremamente povere di sostanze nutrienti. A volte tali sostanze nutritive costituiscono una tale rarità che queste aree vengono definite come “deserti marittimi”. In effetti, in un reef corallino la maggior parte delle sostanze nutrienti è presente sotto forma di sostanze viventi: mentre sulla terra ferma le piante ottengono le sostanze necessarie dal suolo, gli abitanti del reef per il loro sostentamento devono servirsi del tessuto corporeo e di escrementi. Tutto ciò sembra valere anche per quegli invertebrati che possiedono alghe simbionti. E’ diffuso il concetto secondo il quale i coralli provvisti di simbionti non avrebbero bisogno di procurarsi alcun nutrimento, ma questo non pare corrispondere al vero. Anche i coralli zooxantellati devono catturare nutrimento e valorizzarlo.
Le limpide acque tropicali indicano la totale assenza di nutrienti ed escludono categoricamente la presenza di plancton. Le acque dei reef corallini sono un deserto nutritivo. Da qui premeva l’ipotesi che i coralli dovessero produrre da soli tutto ciò di cui avevano bisogno, o per lo meno la parte dominante. L’unica via per farlo era l’autotrofia, in altre parole i coralli non avevano la necessità di alimentarsi perché ricevevano tutto quello di cui avevano bisogno dalle alghe simbionti. 
Dall’inizio fino alla metà degli anni ’70, si studiava più da vicino la fisiologia della simbiosi coralli/alghe. Pionieri di questo lavoro erano Len MUSCATINE e i suoi studenti e collaboratori, e i risultati provarono che i dinoflagellati della maggior parte dei coralli zooxantellati elaborano effettivamente grandi quantità di prodotti della fotosintesi, che successivamente vengono ceduti all’ospite. La fotosintesi crea carboidrati, vale a dire zucchero e suoi derivati. I ricercatori scoprirono che le alghe simbionti erano in grado di soddisfare il fabbisogno giornaliero di carbonio dei coralli. Nessuno degli scienziati però aveva azzardato tale conclusione. Nel frattempo una nuova generazione di scienziati, durante alcune ricerche su campo nei reef corallini, arrivò ad un’altra conclusione. Se le acque dei reef sono così povere di plancton, perché brulicano di pesci planctivori? Nei coralli possono collaborare le zooxantelle, ma i pesci di certo non le contengono. L’errore commesso dagli scienziati, che li portò a dedurre che nei mari tropicali non vi è presenza di plancton, fu quello di usare gli stessi strumenti e gli stessi metodi utilizzati nei mari temperati e non perché fossero adatti, ma solo perché nei mari temperati avevano funzionato.
Il plancton dei mari temperati consiste prevalentemente di piccoli crostacei, larve di pesci, molluschi come pure meduse e ctenofori. Tutti questi, commisurati alla loro piccolezza, sono organismi robusti. Molti di questi sono catturabili trascinando un setaccio attraverso l’acqua. Nei primi anni ’90 si riuscì a comprendere che il plancton tropicale si distingue da quello dei mari temperati. Questo consiste di piccoli organismi gelatinosi come larve di tunicati, minuscole meduse, ma anche esemplari più grandi che sono però strutturati in modo molto complesso e straordinariamente fragili, larve simili alle meduse come pure enormi quantità di materiale batterico. Una gran quantità di questo plancton consiste semplicemente di batteri raggrumati, a volte grandi da diventare visibili ad occhio nudo (“marine snow”). Il plancton tropicale è semplicemente troppo piccolo e troppo delicato per essere raccolto con la metodologia standard diffusa verso la metà degli anni ’50. Una rete per plancton di questo tipo che venga trascinata attraverso l’acqua non raccoglie plancton, ma lo distrugge letteralmente.
Tornando ai coralli, le zooxantelle apportano ai polipi dei coralli tutti gli zuccheri che possono valorizzare, e una gran parte di questi viene trasportata quasi immediatamente alla superficie del corallo come substrato vischioso. Lo zucchero è energia, vale a dire che le zooxantelle sono fornitrici di energia la quale viene impiegata dal corallo per produrre tutto quello che le alghe simbionti non riescono ad offrire: proteine, fosfati, sostanze minerali e svariati altri composti. Le zooxantelle quindi apportano al corallo l’energia necessaria per strutturare la propria trappola per il plancton: i tentacoli, le nematocisti, le cavità gastrovascolari e gli assetti digestivi. Dai tardi anni ’80 sono stati condotti studi dettagliati su quanto nutrimento viene valorizzato dagli organismi di barriera, e questa quantità è veramente considerevole. Uno degli studi migliori è quello di HAMMER (1998), che stabili che in un’area di un metro quadro di superficie di reef nell’arco di 24 ore, venivano assunti dagli animali oltre due milioni di particelle con un peso complessivo di 750 grammi.      
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L'ELEGANZA IN SALOTTO i nuovi sistemi reef habitat by tmc

24/3/2020

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I nuovi sistemi di tropic marine center sono l'eleganza fatta acquario. Rifiniti da piccoli dettagli che fanno la differenza, questi acquari rappresentano quello che ogni acquariofilo sogna: un acquario che si integri nell'arredamento della propria abitazione.  Abbiamo avuto modo di toccare con mano i nuovi i nuovi reef habitat provando e testando le funzionalità di tutte le strutture che rientrano nel kit. TMC propone tre diverse misure rispettivamente con lunghezze 50, 60 e 90cm. Le combinazioni riguardo la colorazione del mobile sono quattro e sono white, black, grey stone e Oak. Tutti i kit sono provvisti di vasca principale in extrachiaro con tracimazione interna posta al centro del vetro posteriore il quale è dotato di una verniciatura a forno di colore nero, il mobile principale il quale è rivestito di una pannellatura resistente all'umidità e in grado di mantenere quanto più possibile la temperatura stabile, una sump sezionata e proporzionata al litraggio della vasca, le raccorderie (un carico e due scarichi) di ottima fattura ed infine la pannellatura di rivestimento. Il risutato finale è un mobile davvero resistente visto che lo spessore finale delle paratie laterali arriva ad essere spesso quasi 3,5 cm, e questo ci da la percezione che duri a lungo nel tempo. 
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pozzetto di tracimazione
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mobile principale con le pannellature OAK
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raccorderia in PVC
Partiamo dalla raccorderia. Eh già... è un pò atipico partire dalla fine (visto che l'ultima cosa che si monta è proprio la raccorderia), ma appena sballato il kit mi sono ritrovato a pensare alla motivazione per la quale ci fossero due scarichi. La risposta l'ho avuta solo una volta montato. Solitamente siamo abituati a vasche con tracimazioni esterne singole o comunque a tracimazioni in pozzetto a tubazione singola con la tipica curva a U rovesciata per il rumore, che poi alla fine di rumore ce n'è sempre tanto. Problema risolto con gli scarichi dei reef habitat. La tubazione di scarico principale ha un diametro del 35 (mm) e un rubinetto con un bella manopola rossa. questo tubo arriva, all'interno del pozzetto di tracimazione, non oltre i 3/4 di altezza della vasca. Il secondo scarico ha un diametro del 25 (mm) e arriva , sempre all'interno del pozzetto, in corrispondenza del bordo superiore del tracimatore.  Sostanzialmente agendo sulla maniglia rossa si rallenta il flusso in caduta (che rimane sempre molto forte) riducendo quasi a zero i rumori di caduta di acqua. La seconda tubazione ha una funzione di troppo pieno, ma può essere comunque utilizzata come l'ulteriore scarico se si vuole utilizzare una pompa di risalita molto potente. Il carico invece ha un terminale snodato con la possibilità di un diffusore rotante o lineare. Gia con le tubazioni il nostro reef hab ha guadagnato un punto. 

Passiamo al mobile. La scelta di utilizzare le pannellature decorative laterali (figura centrale) come aiuto nella distribuzione del carico è vincente. La stabilità del mobile è garantita. L'utilizzo di materiale di alta qualità rendono davvero unico il mobile. a partire dalle cerniere le quali hanno addirittura uno sportellino di protezione per le viti di regolazione degli sportelli. 
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La Sump è grande e sezionata in tre differenti camere (locale scarico - locale tecnico - locale pompa risalita). E' prevista anche una camera per l'acqua osmotica. La sump occupa per la totalità la lunghezza del mobile annullando totalmente qualsiasi possibilità di inserire altro materiare tecnico. Una pecca da un lato ma dall'altro un vantaggio per aumentare sensibilmente il volume di acqua del sistema. i due scarichi garantiscono un grande scambio di acqua tra vasca superiore e sump.
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Una volta assemblato il mobile, avvitato la raccorderia, messa in posa della tecnica (approfondiremo questo nel prossimo post) e riempito la vasca l'effetto è questo. Un elegante sistema marino nel nostro salotto di casa. 
Non ci resta altro da fare che rimanere in attesa di aggiungere i veri protagonisti dell'acquario: i coralli e i pesci.


Specifiche tecniche:

REEF HABITAT 90 (90x50x50)

Deco Panel:                        OAK
Pompa risalita:                   REEF PUMP 2000.                     TMC
Pompa movimento:      REEF TIDE 4000s.                      TMC
Illuminazione:                   2x PRIME  HD.                               AQUAILLUMINATION
Skimmer:                             REEF SKIM PRO 500 DC.       TMC
Osmoregolatore:             REFILL PRO                                     AQUAMEDIC
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La malattia dei puntini bianchi

12/11/2019

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L' Ichthyo , conosciuta come la malattia dei puntini bianchi,  è una patologia molto comune  che può colpire i pesci dei nostri acquari.
Viene provocata , molto spesso, da bruschi sbalzi di temperatura : abbassamenti repentini di qualche grado infatti,  sono sufficienti per provocare la comparsa dei temuti puntini bianchi.  
L'indebolimento del sistema immunitario del pesce può portare all'attacco del protozoo ciliato , Ichthyophthirius multifilis, che penetra nell'epidermide e si annida sotto i primi strati cutanei.  Queste vescicole , appaiono ad occhio nudo come puntini bianchi osservabili sull'intera superficie corporea .
I parassiti incistati recano molto fastidio ai pesci che , anche prima della comparsa dei puntini bianchi, possono cominciare a sfregarsi contro gli arredi dell'acquario.


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Ciclo vitale
Il ciclo vitale di questo parassita inizia con un minuscolo ciliato, chiamato Teronte , che nel giro di poche ore  (alte temperature accelerano il ciclo vitale di questo protozoo) deve trovare un  ospite da parassitare . Una volta trovato,  il parassita , chiamato ora Trofonte,  si incista sul corpo del pesce e si nutre dei suoi globuli rossi e di frammenti di tessuto in disfacimento. Dopo alcuni giorni il parassita si è completamente sviluppato,  esce all'esterno e cade sul fondo . Qui forma una cisti, nella quale avvengono varie divisioni mitotiche,  aumentando così il numero di individui.  Al termine di questo processo , la cisti si rompe e numerosi nuovi parassiti Tomiti si liberano nell'acqua diventando ciliati Teronti che vanno nuovamente alla ricerca di nuovi ospiti. I pesci vengono pertanto , ad ogni ciclo , nuovamente  infettati da un numero esponenzialmente crescente di parassiti.

Cosa fare?
E' importante accorgersi subito della malattia in modo di agire tempestivamente e non incorrere così in eventuali perdite di animali.
Il parassita può essere colpito solo quando si trova nello stadio chiamato Teronte , ovvero quando è alla ricerca dell'ospite da parassitare. In tutti gli altri stadi non si riesce ad annientare.
Una corretta gestione della vasca è fondamentale per non trovarsi di fronte a questa problematica ma nel caso in cui i nostri pesci ne fossero colpiti non disperiamo!
Esistono in commercio diversi medicinali  a base di blu di metilene e verde malachite che ,nel caso di situazioni disperate , possono essere utilizzate nei nostri acquari. Tuttavia riteniamo che , se presa in tempo , la malattia possa essere debellata alzando gradualmente la temperatura dell'acquario fino a 30 gradi  per una settimana, evitando così l'utilizzo di farmaci che  possono avere effetti negativi sulle nostre vasche.
Oltre alla termoterapia , è utile utilizzare un aeratore e i rinforzare le difese immunitarie dei nostri pinnuti imbibendo il mangime  con qualche goccia di aglio e vitamine.
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BRAIN CORALS.. una tempesta di colori

8/7/2019

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Appartenente alla famiglia Lobophylliidae, il genere Lobophyllia comprende 9 specie differenti:
  • Lobophyllia corymbosa
  • Lobophyllia dentata
  • Lobophyllia diminuta
  • Lobophyllia Flabelliformis
  • Lobophyllia hataii
  • Lobophyllia pachysepta
  • Lobophyllia robusta
  • Lobophyllia serrata

​
Classificazione scientifica
Dominio Eukaryota
Regno Animalia
Sottoregno Eumetazoa
Phylum Cnidaria
Classe Anthozoa
Sottoclasse Hexacorallia
Ordine Scleractinia
Famiglia Lobophylliidae
Genere Lobophyllia
de Blainville, 1830
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Il genere Lobophyllia appartiene alla famiglia Lobophylliidae e racchiude otto specie differenti. Il carattere sistematico che identifica la specie è senza dubbio la morfologia dello scheletro, il quale è massiccio e ricco di setti carcarei ( carbonato di calcio ) molto prominenti al di sotto dei quali si trova la sezione dedicata al disco orale. Come tutti gli esacoralli anche nelle lobophyllie il colore del tessuto dell'animale è determinato dalla presenza di zooxantelle. La distribuzione di questo genere spazia dall'oceano Indiano fino al Pacifico coprendo gran parte delle zone tropicali. 

Le colonie, a volte enormi e dall'aspetto di un cuscino, sono formate da gruppi di coralliti e supercoralliti, ben distinti gli uni dagli altri ma riuniti per la parte finale del calice. Durante il giorno questo animale è solito gonfiarsi per esporre il più possibile il tessuto ricco di zooxantelle alla luce in modo da ricavare energia dai processi fotosintetici delle alghe simbionti, mentre la notte accade il contrario. Il tessuto esterno si ritira per lasciare spazio alla corona di tentacoli che fuoriesce dalla parte subito prossima alla fine del disco orale, la quale garantirà la possibilità di predare i microrganismi che compongono lo zooplancton e quindi di nutrirsi (la sola fotosintesi delle zooxantelle non basta!!). Le Lobophyllie sono animali chi in acquario vengono collocati in prossimità del fondo anche se in natura occupano zone decisamente diverse. La collocazione in acquario di questi animali in acquario è ovviamente corretta in quanto lo spazio con maggiore irradiazione luminosa a coralli piu esigenti. 
L'allevamento di questi animali  è piuttosto semplice e non richiede particolari precauzioni. Sono animali molto urticanti e per questo bisogna fare molta attenzione ai coralli che vengono collocati nelle loro vicinanze. Anche tra le stesse lobophyllie la guerra è spietata lasciando il povero acquariofilo con un brutta sorpresa. 
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La facilità nelll'allevamento e l'enorme differenziazione cromatica rende questi animali tra i piu ambiti per riempire la parte bassa dell'acquario. Per alimentare le nostre colonie di Lobophyllia possiamo utilizzare molti prodotti disponibili in commercio. Per una somministrazione diretta (sirigna con espulsione mangime direttamente sulle bocche) potremmo utilizzare alimenti anche secchi di granulometria molto piccola come per esempio LPS food di Aquaforest.  Se invece vogliamo alimentare l'intera vasca possiamo rivolgerci a prodotti molto fini come per esempio Power food di aquaforest, il quale è una farina di krill da mescolare all'acqua e che da la possibilità di nutrire SPS e LPS in un'unica somministrazione. 
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Lobophyllia hataii
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Lobophyllia hemphirichii
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Lobophyllia corimbosa
Qui a lato possiamo vedere come la fitta presenza dei setti all'interno del corallite siano un carattere che senza dubbio caratterizzino le specie. Tuttavia questa enorme e fitta conformazione dei setti metta a dura prova il riconoscimento delle specie e la conseguente classificazione.  Come possiamo vedere dalla conformazione dello scheletro di Lobophyllia hemphirichii la taleazione ai fini riproduttivi è molto semplificata in quanto ogni polipo è separato nettamente dagli altri. Nel caso di L.hataii la taleazione è molto sconsigliata. Per quanto riguarda L. hemphirichii invece bisogna prestare molta attenzione al  punto di frammentazione (come accade anche per le euphyllie) in quanto si potrebbe infettare è provocare la morte dell'animale.
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Nell'immagine sovrastante possiamo vedere una corretta taleazione di L.Hemphirichii delle dimensioni approssimative di 4-5 cm. Ovvimente la crescita di tutte le specie di Lobophyllia hanno una crescita molto lenta, tipica di coralli dalla struttura scheletrica massiccia. 

La taleazione di esemplari come L. hemphirichii potrebbe essere effettuata anche come salvataggio di una grande colonia in RTN. Infatti non essendo il tessuto dei polipi in contatto diretto, molto spesso di riesce a salvare parte dell'animale colpito da RTN (rapid tissue necrosis).

Dal punto di vista acquariofilo la classificazione di questi animali è in base alla colorazione e possiamo trovare qualità standard (es. rosso o verde monocolore) Grado A (doppia colorazione),  Premium (doppia colorazione e intensa) e per finire Rainbow (tripla o quadrupla colorazione). 
Per quanto ci riguarda le Lobophyllia sono degli animali che qualsiasi acquariofilo dovrebbe allevare. Anche se riflettendo...... non esiste un corallo che non varrebbe la pena allevare in acquario!!!
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