I reef corallini si formano nelle zone di mare estremamente povere di sostanze nutrienti. A volte tali sostanze nutritive costituiscono una tale rarità che queste aree vengono definite come “deserti marittimi”. In effetti, in un reef corallino la maggior parte delle sostanze nutrienti è presente sotto forma di sostanze viventi: mentre sulla terra ferma le piante ottengono le sostanze necessarie dal suolo, gli abitanti del reef per il loro sostentamento devono servirsi del tessuto corporeo e di escrementi. Tutto ciò sembra valere anche per quegli invertebrati che possiedono alghe simbionti. E’ diffuso il concetto secondo il quale i coralli provvisti di simbionti non avrebbero bisogno di procurarsi alcun nutrimento, ma questo non pare corrispondere al vero. Anche i coralli zooxantellati devono catturare nutrimento e valorizzarlo. Le limpide acque tropicali indicano la totale assenza di nutrienti ed escludono categoricamente la presenza di plancton. Le acque dei reef corallini sembrerebbero essere un deserto nutritivo. Da qui nascerebbe l’ipotesi che i coralli produrrebbero da soli tutto ciò di cui hanno bisogno, o per lo meno la parte dominante. L’unica via per farlo sarebbe dunque l’autotrofia, in altre parole i coralli non hanno la necessità di alimentarsi perché riceverebbero tutto quello di cui hanno bisogno dalle alghe simbionti. Dall’inizio fino alla metà degli anni ’70, si studiava più da vicino la fisiologia della simbiosi coralli/alghe. Pionieri di questo lavoro erano Len MUSCATINE e i suoi studenti e collaboratori, e i risultati provarono che i dinoflagellati della maggior parte dei coralli zooxantellati elaborano effettivamente grandi quantità di prodotti della fotosintesi, che successivamente vengono ceduti all’ospite. La fotosintesi crea carboidrati, vale a dire zucchero e suoi derivati. I ricercatori scoprirono che le alghe simbionti erano in grado di soddisfare il fabbisogno giornaliero di carbonio dei coralli. Nessuno degli scienziati però aveva azzardato tale conclusione. Nel frattempo una nuova generazione di scienziati, durante alcune ricerche su campo nei reef corallini, arrivò ad un’altra conclusione. Se le acque dei reef sono così povere di plancton, perché brulicano di pesci planctivori? Nei coralli possono collaborare le zooxantelle, ma i pesci di certo non le contengono. L’errore commesso dagli scienziati, che li portò a dedurre che nei mari tropicali non vi è presenza di plancton, fu quello di usare gli stessi strumenti e gli stessi metodi utilizzati nei mari temperati e non perché fossero adatti, ma solo perché nei mari temperati avevano funzionato. Il plancton dei mari temperati consiste prevalentemente di piccoli crostacei, larve di pesci, molluschi come pure meduse e ctenofori. Tutti questi, commisurati alla loro piccolezza, sono organismi robusti. Molti di questi sono catturabili trascinando un setaccio attraverso l’acqua. Nei primi anni ’90 si riuscì a comprendere che il plancton tropicale si distingue da quello dei mari temperati. Questo consiste di piccoli organismi gelatinosi come larve di tunicati, minuscole meduse, ma anche esemplari più grandi che sono però strutturati in modo molto complesso e straordinariamente fragili, larve simili alle meduse come pure enormi quantità di materiale batterico. Una gran quantità di questo plancton consiste semplicemente di batteri raggrumati, a volte grandi da diventare visibili ad occhio nudo (“marine snow”). Il plancton tropicale è semplicemente troppo piccolo e troppo delicato per essere raccolto con la metodologia standard diffusa verso la metà degli anni ’50. Una rete per plancton di questo tipo che venga trascinata attraverso l’acqua non raccoglie plancton, ma lo distrugge letteralmente.
Tornando ai coralli, le zooxantelle apportano ai polipi dei coralli tutti gli zuccheri che possono valorizzare, e una gran parte di questi viene trasportata quasi immediatamente alla superficie del corallo come substrato vischioso. Lo zucchero è energia, vale a dire che le zooxantelle sono fornitrici di energia la quale viene impiegata dal corallo per produrre tutto quello che le alghe simbionti non riescono ad offrire: proteine, fosfati, sostanze minerali e svariati altri composti. Le zooxantelle quindi apportano al corallo l’energia necessaria per strutturare la propria trappola per il plancton: i tentacoli, le nematocisti, le cavità gastrovascolari e gli assetti digestivi. Dai tardi anni ’80 sono stati condotti studi dettagliati su quanto nutrimento viene valorizzato dagli organismi di barriera, e questa quantità è veramente considerevole. Uno degli studi migliori è quello di HAMMER (1998), che stabili che in un’area di un metro quadro di superficie di reef nell’arco di 24 ore, venivano assunti dagli animali oltre due milioni di particelle con un peso complessivo di 750 grammi. (Coral Bleaching, 2013 , Tommaso Mascioli)
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AutoriTommaso e Cristina, laureati in Scienze Naturali presso La Sapienza di Roma, compongono lo Staff di Hexacorallia. Archivi
November 2022
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